Le traduzioni culinarie da una lingua ad un'altra (in particolare nei menù dei ristoranti) sembrano quelle più facili anche se, in realtà, sono paragonate a quelle poetiche per quella immensa difficoltà che si incontra man mano che li si traduce. In questo post vi verranno svelati tutti i segreti della traduzione culinaria e dei menù nella ristorazione così potrete notare in quante gaffes ci si ritrova qualora non si fa attenzione negli errori di traduzione, spesso e volentieri difficili da evitare.
Quando giunsi a Parigi la prima volta, mi confrontai con un problema molto strano: non riuscivo a capire i menù dei ristoranti in Inglese, sebbene conoscessi già i piatti francesi. Da “gallina nel suo brodo” a “gallina sulla via del wok” fino a “babà dal vecchio rum” le traduzioni dei menù intercorrono l’esilaranza che va dal quasi-sporco al pieno surrealismo.
Quando io stessa sono diventata traduttrice culinaria, ho potuto realizzare quanto sia duro fare questo lavoro. Mi ero resa conto di quanto possa essere strano e comico il risultato, specie di quanti errori facciano gestori di ristoranti e chef, anche se, perfino per i più esperti traduttori tradurre menù dei ristoranti è una gran bella sfida.
Certamente, alcuni dei menù più strani sono il risultato di gente che non conosce il lessico culinario. In Corea, come nota Adeel Ahmad, un canadese residente a Seoul, gli ingredienti non noti agli Occidentali sono spesso tradotti orridamente o letteralmente dai libri di biologia e invece delle alghe, i menù offrono alghe marine invece di quelle commestibili.[1]
Gli errori iniziali più comuni sono quelli realizzati specie quando si traducono parole dalle lingue alfabetiche (come Inglese e Francese) a quelle ideogrammatiche (come il Cinese), secondo quanto evidenziato da James D. McCawley nel suo libro The Eater's Guide to Chinese Characters in cui si va dal “pesce in inchiostro” a “due inverni saltati in padella”[2], per far riferimento a verdure del periodo invernale, funghi e germogli di bamboo.
Questo problema è esacerbato dal fatto che molti traduttori dei menù potrebbero non esserlo del tutto. “Con così tanti ristoranti che cambiano menù addirittura ogni sera- spiega Nicole Felipe, traduttrice americana in Francia- non si può trovare nessun traduttore professionista ogni qualvolta esce un piatto dalla cucina”. “Semplici errori ortografici hanno fatto sì che in molti ristoranti si scrivesse “Human Taste” invece di “Hunan taste”[3]
Ma anche qualcuno con una solida conoscenza di entrambe le lingue può trovarsi perplesso di fronte a determinate voci di menu. Questo è vero- come nota Amanda Ponzio-Mouttaki, travel e food writer di Marrakesh- perché alcune parole riferite al cibo, semplicemente “non esistono” in Inglese oppure le parole similari non spiegano adeguatamente cosa possa essere.
Facendo riferimento al marocchino mechoui, lei dice che indica una pecora allo spiedo arrostita lentamente, però non è arrostita nel modo in cui potrebbero intendere tutti. Le stesse strane voci di menù si ritrovano, addirittura, nelle versioni internazionale dei prodotti caseari. Potrebbe essere “yogurt bianco filtrato spalmabile[4] oppure labneh?[5] Un quark può essere chiamato “formaggio fresco tedesco?[6] Una domanda simile fu fatta in Francia quando il cavolo fu reintrodotto da Kristine Beddard del Kale Project nel 2012[7]- i camerieri e i menù li chiamano chou plume, un nome carino che significa “cavolo riccio” oppure chou frisé non pommé, termine tecnico ed indicare la “verza” come “cavolo riccio senza la testa rotonda” oppure chou kale, semplicemente. Potrebbe un anglicismo rompere la norma?
Problema relativo anche a quei nomi di cibi o termini relativi associati ad una cultura come nel caso dei Cubani che amano la ropa vieja, una carne sfilacciata tradotta letteralmente come vestiti vecchi, dei Messicani e dei loro tacos sudados (letteralmente tacos/tacchi sudati) e dei Marocchini con la loro testa di ovino arrosto. In Croazia gli aromi amari sono molto considerati, mentre in molti paesi ordinare un piatto o una bevanda amari è ritenuto un insulto.
“Il cibo è talmente radicato culturalmente che è difficile tradurne efficacemente l'idea in significato”. Così dice Jim Beason, traduttore di stanza a Strasburgo. “E' un po' come tradurre le satire politiche di un paese o di un altro, ma la mancanza di un contesto culturale non le rende affatto divertenti”.
Forse, l'esempio più pungente di tutto questo è la moda temporanea del comfort o fast food. “Il cibo tradizionale, in particolare, è difficile da tradurre perché porta con sé degli effetti emozionali che non sempre si possono rendere al lettore di menù di un'altra lingua”-dice Fred Pouillot bilingue nato in Francia e fondatore de “Le foodist”, scuola di cucina a Parigi. “Quando si considera la traduzione dei cibi in un'altra lingua ci fa cadere sugli errori e non permette alla nostra memoria di ricordarne i significati”.
Con tale dichiarazione, Pouillot pone 3 possibili traduzioni per il classico piatto francese ile flottante.
1. ENG: Floating Island (ITAL. Isola flottante). Chi capisce cosa significa è fortunato!
2. Custard (crema pasticcera), Poached meringue, Caramel sauce (ITAL: Salsa di caramello)[8]. Descrittiva, ma senza riscontro particolare.
3. Ne scaturisce un ricordo dell’infanzia tanto caro a molti: una crema leggera a base di vaniglia posta su di una meringa. La meringa, fatta con un terzo di zucchero e leggermente cotta a vapore.[9] Mentre ci poniamo un po’ di crema pasticcera (o crema all’inglese), decoriamo la meringa con caramello solidificato a croste- senza cuocerlo troppo così assume un sapore corposo, ma non amaro. Viene lasciato solidificare in modo da poter affondare il cucchiaio nella floating island, assaporare prima la croccantezza del caramello, poi la morbidezza della meringa per ritrovarsi, infine, il cucchiaio pieno di crema pasticcera. Tre gusti e texture che vi fanno trovare in una specie di ménage á trois. Una grande idea in cucina!
Pouillot nota certamente come quest’ultima traduzione sia più da manuale di istruzioni che da menù di cucina.
La mancanza di sinonimi adeguati è incrementata dal fatto che i modi in cui parliamo dei cibi varia estremamente. “Le informazioni sui cibi sono estremamente dure da apportare alle varie culture, perché sono un pacchetto estremamente variabile in esse” spiega David Beriss, antropologo culinario dell’Università di New Orleans- e le varie culture non sempre sono concordi sull’informazione data nelle così brevi descrizioni dei menù.
In Francia, per esempio, è ritenuto appropriato evidenziare le caratteristiche veraci dei cibi. La carne è chiamata fondant, le verdure crude croustillant. Dimenticando per un attimo dei poveri traduttori sprovvisti di dizionari culinari che spesso traspongono con “carne sciolta” e “verdure croccanti” e che non danno le indicazioni necessarie per i menù parlanti Inglese!
“Nei ristoranti chic si presume che il cibo croccante dovrebbe essere croccante”-spiega al The Independent Dan Jurafsky, professore di Linguistica e autore del Linguaggio del cibo.
Tutte queste aspettative- specialmente quando c’è da scrivere in maniera tale da attirare gli status sociali alti- rendono i menù davvero terrificanti! Negli USA, d’altronde, è di tendenza includere riferimenti specifici agli ingredienti, ma questa non è mantenuta ovunque.
Se traducessi alla lettera “lepre locale del Baa Laa Lamb Farm” dallo Spagnolo al Cinese non è detto che il senso venga riprodotto uguale nelle due lingue-spiega Rachel Laudan, ricercatrice principale dell’Università di Austin, Texas e autrice del libro Cuisine and Empire: Cooking in World History.
La soluzione migliore sarebbe quella di lasciare qualcosa di perso, vale a dire “non tradotto” con lo scopo di portare un’aria di autenticità ed esclusività. Qualcosa che Laudan nota essere molto ambito nei menù dal momento in cui arrivano nelle tavole dal XIX secolo.
Notando che nei menù francesi si tende a mantenere l’esclusività, Laudan spiega che “non intendono illuminare più di quanto discriminano”. Oggigiorno mettere il Francese nei menù da l’effetto opposto, da, oltremodo, fastidio; la lingua Inglese tende apparentemente a lasciare nei menù parole come sashimi, kimchi e ceviche. In questo modo chi va a cena si sente addentro, mentre con versioni ignote di ingredienti e cibi, ci si sente alienati. Quindi, quali parole un traduttore dovrebbe lasciare non tradotte?
La risposta è: tutte le traduzioni rimandano alla fonte. Un menù è la prima ed assoluta espressione di un ristorante e del suo stile: minimale, come le Restaurant parigino, dove ogni voce di menù riporta il nome dell’ingrediente principale, o prolisso come nel caso di Terre à Terre a Brighton, caratterizzato dalla seguente voce letterale:
Deck the ball (ng/vc) 15.95 Delizioso penny polenta di coniglio al budino farcito con funghi e duxelle di pomodori affumicati, condito con salsa di rafano e crema di cavolo rapa e gocce di rupy port[10] e palline di lampone servite con aglio e patate fondenti al timo, purea pestata di crauti rosa in salsa con radice di pastinaca, bietola sotto aceto e imburrata con una grande porzione di muso di maiale con salsa di porcini.
Con una versione così assurda e strana dei menù si appare ridicoli perfino di fronte ai nativi ed è per questo che un traduttore dei menù da cucina deve essere come quello poetico, capace di modellare la traduzione alle sfumature culturali trasponendo i termini originali in qualcosa che possa piacere, incantare, deliziare i commensali stranieri. Sbagliare le traduzioni dei menù è peggio di una poesia fatta male.
NOTE:
[1]SEAWEED=alghe marine e LAVER=alghe commestibili.
[2]“Stir-fried winters” nella versione originale in Inglese. Ho scelto di tradurla alla lettera per risaltarne la stranezza nelle traduzioni dei menù fatte in genere.
[3]Ho lasciato “Human Taste” e “Hunan Taste” in lingua originale perchè alludeva alla regione Cinese dello Hunan, per cui Hunan è stato confuso con Human (trad. it. UMANO).
[4]In Inglese strained yogurt cheese.
[5]Denominazione originale marocchina dello yogurt bianco filtrato o “strained yoghurt cheese” in Inglese.
[6]Un tipo di formaggio tedesco simile alla ricotta.
[7]Tradotto alla lettera significherebbe “Progetto Cavolo” per evitare stranezze di significato tradotto, l'ho lasciato nella lingua originale dell'articolo.
[8] Ho tradotto in italiano solo “Caramel Sauce” con “salsa di caramello” e ho preferito tralasciare in lingua originale “Poached Meringue” e “Floating Island” dato che non vi è una relativa versione italiana vera e propria se non quella di “nuvolette” anche se queste sono fatte diversamente dalla ricetta originale portoghese riprodotta anche nella versione francese e inglese. L’unica traduzione possibile è farofias visto che sono dolci tipici portoghesi e fatti come le meringhe, ma nel testo tradotto ho voluto mantenerne la fedeltà all’originale in Inglese .
[9] Nel testo originale POACHED. In realtà una cottura “poached” è a vapore, però differisce a seconda dei cibi per la quale si usa. Esite il “poached egg” che è “l’uovo in camicia”, mentre nel caso dei dolci e degli altri alimenti indica una cottura al vapore.
[10] Parola intraducibile.
Traduzione EN>IT dell’articolo: Why Menu translations go terribly wrong? tratto da:
https://www.atlasobscura.com/articles/why-bad-menu-translations-fails
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